I lockdown hanno portato alla riduzione del CO2 in atmosfera
Un gruppo internazionale di scienziati ha pubblicato sull’autorevole rivista “Nature” una ricerca con la quale si è voluto valutare l’impatto del COVID-19 sulle emissioni di CO2 mondiali. I ricercatori lo hanno fatto calcolando la produzione oraria di energia elettrica in 31 paesi, il traffico giornaliero in più di 400 città, i voli passeggeri quotidiani, i dati di produzione mensile dell’industria in 62 nazioni. Aggiungendo a questi ed altri dati significativi quello del consumo energetico degli edifici in 200 Paesi si è ottenuta la percentuale di riduzione delle emissioni di CO2 ottenuta dagli studiosi per i primi sei mesi del 2020, rispetto al 2019: il risultato è una diminuzione del -8,8%.
«Ciò che rende unico il nostro studio – spiega l’autore principale, Zhu Liu, dell’Università Tsinghua di Pechino – è l’analisi dei dati meticolosamente raccolti quasi in tempo reale. Osservando i dati giornalieri compilati dall’iniziativa di ricerca Carbon Monitor siamo stati in grado di ottenere una panoramica molto più rapida e accurata e le tempistiche mostrano come le diminuzioni delle emissioni siano corrisposte alle misure di blocco in ciascun Paese. Ad aprile, al culmine della prima ondata di infezioni da coronavirus, le emissioni sono addirittura diminuite del -16,9%. Nel complesso, i vari focolai hanno provocato cali emissivi che normalmente vediamo solo a breve termine in festività come il Natale».
Il calo del -8,8% delle emissioni di CO2 mondiali corrisponde a circa 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in meno rilasciate nell’atmosfera. Questi cali hanno avuto, però, un effetto quasi impercettibile sulla concentrazione atmosferica di CO2 a lungo termine e gli autori sottolineano che l’unica strategia valida per stabilizzare il clima è una revisione completa del settore industriale e commerciale. È infatti evidente che non si può pensare di bloccare l’attuale ciclo delle attività umane, ma che sia necessario progettare un futuro nel quale queste facciano ‘strutturalmente’ un minor ricorso al carbonio.
«Ciò che rende unico il nostro studio – spiega l’autore principale, Zhu Liu, dell’Università Tsinghua di Pechino – è l’analisi dei dati meticolosamente raccolti quasi in tempo reale. Osservando i dati giornalieri compilati dall’iniziativa di ricerca Carbon Monitor siamo stati in grado di ottenere una panoramica molto più rapida e accurata e le tempistiche mostrano come le diminuzioni delle emissioni siano corrisposte alle misure di blocco in ciascun Paese. Ad aprile, al culmine della prima ondata di infezioni da coronavirus, le emissioni sono addirittura diminuite del -16,9%. Nel complesso, i vari focolai hanno provocato cali emissivi che normalmente vediamo solo a breve termine in festività come il Natale».
Il calo del -8,8% delle emissioni di CO2 mondiali corrisponde a circa 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in meno rilasciate nell’atmosfera. Questi cali hanno avuto, però, un effetto quasi impercettibile sulla concentrazione atmosferica di CO2 a lungo termine e gli autori sottolineano che l’unica strategia valida per stabilizzare il clima è una revisione completa del settore industriale e commerciale. È infatti evidente che non si può pensare di bloccare l’attuale ciclo delle attività umane, ma che sia necessario progettare un futuro nel quale queste facciano ‘strutturalmente’ un minor ricorso al carbonio.